Teresa Ciabatti

Non lo so, onestamente non mi sento di consigliare la lettura di questo libro, ci si può arrivare fino alla fine, non impegna più di tanto il cervello, ma con tutte quelle che ci girano attorno ultimamente, abbiamo davvero voglia di stare ad ascoltare una che con lo spunto di raccontare una storia ci rende partecipi di tutte le sue paranoie, le sue più profonde nevrosi, i complessi, le ossessioni i problemi e la sua incontinenza? per un po' si sopporta...si prova anche quasi tenerezza... ma poi, il troppo stroppia...… (mais)

Alla fine ho deciso che mi piace abbastanza come scrive la Ciabatti, peccato che non abbia molto da dire e non riesca a far volare i suoi personaggi.
Qui poi, tanto per rimpinguare le pagine, decide di prendersi cura dei lettori pigri e di far lei quel che ogni essere senziente dovrebbe essere in grado di fare: cercar çose su Wikipedia. E almeno le note fossero a fine libro! Macché: alla fine di ogni maledetto capitolo ecco la listina di biografie, sia mai gli sprovveduti lettori dovessero pensare che oltre ai personaggi l'autrice abbia saputo inventare anche un contesto.
La parte di notizie reali che decide di darci è il vero mistero del libro: dovrebbe chiarire quale sia il suo target e cosa lei ne pensi ma lì sta, secondo me, lo squilibrio più grande.… (mais)

Ogni scrittore contemporaneo si sente in dovere di crearsi uno stile (che piace chiamare "cifra", scimmiottando l'inglese), quello della Ciabatti consiste nelle ripetizioni. Questo libro in realtà per me è scritto meglio di "Matrigna" e solo verso la fine le ripetizioni si fanno affannose e insopportabili, quasi come se l'autrice sofrisse il dover chiudere questo esercizio di psicoterapia della sua vita in cui ha deciso di coinvolgerci. Eh sul contenuto non riesco a esprimermi, troppi tratti della Teresa figlia dello strapotente e straricco massone assomigliano ai miei che, nel mio piccolo, sono stata la mosca bianca, figlia unica viziata, in un contesto in cui le famiglie facevano ancora 4-5 figli; quel che so è che possedere non significa amare bensì distruggere. Una prece per la madre, popolana che da sola si è infilata in quell'irreplicato ascensore sociale dell'Italia anni '50-'60, facendo di sé una donna libera e indipendente per poi consegnarsi inspiegabilmente a un mostro che ne ucciderà personalità e sicurezze… (mais)

Sì, va beh, ma poi?
Non sopporto i libri che non si capisce come finiscono e questo rimane inspiegato! e non c'è niente di peggio in un buon libro di un finale deludente.
Affronta molto bene la narrazione e il successivo processo di gestione di un trauma infantile, descrive, dalla parte di una bambina, come si attraversa una tragedia familiare quale la sparizione di un bimbo senza mai più averne notizie, dando voce anche ai pensieri e ai sentimenti che un bambino istintivamente sa che non è bene esprimere e che censura anche davanti ai professionisti più esperti. Descrive il bisogno di rimozione e di anonimato dell'età adulta, dopo un'infanzia e un'adolescenza passate sotto i riflettori e come cambino i rapporti familiari. Ma sono vicende che non si chiudono mai e, nei momenti di fragilità il passato torna a chiedere conto. Peccato che non si capisca con che esito… (mais)