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Mischa Hiller

Autor(a) de Shake Off

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Obras por Mischa Hiller

Shake Off (2012) 77 exemplares
Sabra Zoo (2010) 48 exemplares

Associated Works

All These Little Worlds: Nine New Stories from the Fiction Desk (2011) — Contribuidor — 4 exemplares

Etiquetado

Conhecimento Comum

Data de nascimento
1962
Sexo
male
Local de nascimento
England

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Mischa Hiller was born in England in 1962 and grew up in London, Dar es Salaam and Beirut. Sabra Zoo won the Commonwealth Writers’ Prize for Best First Book for Europe and South Asia in 2011. Mischa also won the 2009 European Independent Film Festival script competition for his adaptation of the book. His second novel Shake Off was published to critical acclaim in 2011. He lives with his family in Cambridge, UK.

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Críticas

Chissà perché il mercato editoriale italiano ha sempre la necessità di stravolgere, nella traduzione dei romanzi stranieri, il titolo dei libri, offrendo spesso al lettore una distorsione assoluta del contenuto degli stessi, sovente peccando di quella superbia tesa a pensare che l’italiano medio non sia proprio in grado di comprendere di cosa parli un libro attraverso il suo titolo originale. Sarebbe forse ora di rendersi conto che almeno quella risicata percentuale di italiani che leggono (pochi) abitualmente (pochissimi), siano perfettamente in grado di valutare un libro, anche quando un titolo, di fatto intraducibile nel volgo italico, resti l’originale. E’ il caso questo di “Fuga dall’inferno. Una storia palestinese” di Mischa Hiller (Newton, 2010) che, se non fosse per quell’inciso che fa riferimento alla Palestina, altro non sembrerebbe che la sceneggiatura di un disaster movie o di una avventura per “l’uomo che non ha bisogno di chiedere” alla Escape Plain con Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger che, nemmeno a farlo apposta, ha come spalla al titolo proprio la sottolineatura “fuga dall’inferno”.

Il titolo originale di questo lavoro è decisamente più aderente al racconto: “Sabra Zoo”. Lo è perché di fuga qui c’è veramente poco, semmai c’è l’impossibilità di fuggire al proprio destino e al terribile massacro che, nel settembre del 1982, fu operato con sistematica spietatezza dai falangisti libanesi entrati nei campi profughi di Sabra e Shatila, a Beirut, rimasti senza alcuna protezione internazionale dopo il trasloco dei contingenti di pace. Una feroce, inumana, raccapricciante carneficina di civili musulmani palestinesi e libanesi, avvenuta sotto gli occhi di un’impassibile, quanto connivente esercito di occupazione israeliano, ai danni di una popolazione inerme stipata in uno “zoo” (così com’era etichettato il campo profughi dai falangisti), da parte della milizia falangista cristiana, col pretesto di dare una risposta all’assassinio del presidente eletto Bachir Gemayel, avvenuto qualche giorno prima.

Di quel massacro, di cui alcune scene inenarrabili per la crudezza con cui la violenza ha saputo accanirsi su esseri umani inermi, abbiamo già letto in “Ogni mattina a Jenin” di Susan Abulhawa (2011 Feltrinelli, ora in Universale Economica Feltrinelli - traduzione Silvia Rota Sperti). Sventramenti, decapitazioni, evirazioni e quant’altro la brutalità umana fosse in grado d’immaginare è accaduto a Sabra e Shatila ed ha fornito ispirazione al film d'animazione di Ari Folman del 2008, “Valzer con Bashir”, in cui quegli eventi sono raccontati dal punto di vista di un soldato israeliano. Questo romanzo d’esordio di Mischa Hiller ci offre la prospettiva palestinese di ciò che accadde nel Libano sette anni dopo l’inizio della guerra civile in una Beirut invasa dalle forze israeliane intenzionate a espellere l’OLP, o ciò che ne restava, visto che il grosso dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina già era stato “aiutato” ad abbandonare il paese, scortato dai contingenti internazionali che solo pochi giorni prima avevano salpato dalla rada della capitale del Paese dei cedri.

Ivan ha 18 anni ed è un ragazzo normale, se per normale s’intende essere il figlio di madre danese e di padre palestinese, con la peculiarità di una paternità che milita nei quadri dell’OLP. Genitori che, dovendo abbandonare il Libano, lo hanno lasciato a Beirut a gestire, sotto copertura, un lavoro di smistamento documenti come corriere per l'OLP. D’altro canto il giovane Ivan la sua vita già da un pezzo l’ha vista stravolta durante i bombardamenti a tappeto israeliani, una pioggia di bombe durante la quale egli prestava servizio in una stazione di radio collegamento dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, ordigni sotto i quali per poco non è rimasto morto e stecchito.
Si fatica ad immaginarlo, pensando ai diciottenni del nostro mondo occidentale, ma la guerra e la quotidiana lotta per sopravvivere ti fanno maturare in fretta. Ivan beve troppo, gli piace tirare uno spinello quando capita ed ha un disperato bisogno di essere iniziato ai piaceri del sesso. Ma in questa Beirut devastata dalla guerra e in cui gli spostamenti gli sono garantiti dal suo passaporto danese, le uniche donne con cui può tentare di approcciare sono le volontarie scandinave che lavorano come personale sanitario nell’ospedale di Sabra in cui egli è reclutato ufficiosamente come interprete.

La scrittura regala al racconto un discreto movimento, non è mai esitante e l’autore, pur al suo esordio, sfruttando le tirate notturne del giovane Ivan, i suoi incontri con volontari e pazienti e la storia d'amore che pare germogliare con Eli, un'attraente fisioterapista norvegese, riesce ad immergerci nel contesto libanese del 1982, offrendoci il quadro politico e militare della regione senza alcun tecnicismo geopolitico o militare, in modo naturale. Hiller ci fa entrare senza preamboli nella realtà del campo profughi palestinese di Sabra; ci racconta in modo vivido e schietto di come vivevano e soprattutto in quali condizioni psicologiche operavano i volontari occidentali impegnati nell’assistenza, così come i reporter ed i giornalisti di base a Beirut in quegli anni.

In ogni passaggio del libro si percepisce però un palpabile senso di inquietudine. Come l’idea che qualcosa stia per accadere, in un’attesa che si consuma tra i conciliaboli agli angoli di strada e nei bar, nelle gestualità sempre più nervose degli adulti di cui Ivan si circonda ed è protetto, surrogato di una famiglia frantumata dalla guerra. Una miccia che brucia lentamente e che finisce per dare corpo ad una deflagrazione che incendia l’atmosfera. Anche se in verità, per chi legge, l'attacco brutale dei Falangisti che Hiller vuole mostrarci si muove da principio tra le righe, non esce subito allo scoperto, non emerge da una anormale normalità, quasi si perde nell'inquietudine del quotidiano. Che, a pensarci bene, è proprio l'atmosfera che Beirut respirava in quelle drammatiche ore in cui i tank israeliani sorvegliavano le vie di accesso alla città.

La narrazione fa poi un balzo improvviso: passa dall’attesa alla consapevolezza, alla realtà dei fatti nuda, cruda, disumana. Le descrizioni che Hiller fa delle vittime e dei sopravvissuti attraverso lo sguardo di Ivan, i suoi conati di vomito, la respirazione convulsa, sono strazianti, ma mai esagerate. Non c’è un inferno creato ad arte quale narrazione di propaganda bellica di una parte in causa. C’è solo l’inferno che è di fatto ciò che resta. L’azione dei falangisti si racconta nel nauseante odore dei corpi, nelle immagini dei bambini smembrati, con il cadavere di una donna a cui è stato asportato e lacerato il feto. La scrittura, sino a questo punto del libro virtuosa nell’intreccio tra sentimentalismo ed umorismo di sopravvivenza, si trasforma in un ematoma bluastro e doloroso, in una prosa di grande forza in cui il ragazzo Ivan ora è solo Ivan. Lui non scappa, ma evolve.

Ivan, testimone di uno dei più grandi disastri umanitari del Medio Oriente ora guarda avanti, e non solo per lui. Scruta oltre l’orizzonte, sapendo che non potrà dimenticare nulla di ciò che ha visto. Un libro da leggere per sapere, ma soprattutto per gettare lo sguardo oltre la soglia del nostro mondo libero e non dimenticare chi, quel mondo, non potrà nemmeno immaginarlo.
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Sagitta61 | 3 outras críticas | Dec 18, 2023 |
Incredibly powerful and moving.
½
 
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TTAISI-Editor | 3 outras críticas | Oct 1, 2023 |
Set during the Beirut Civil war in 1982 against backdrop of one of worst massacres in Middle East history. The narrator is an 18 year old whose father is Palestinian and whose mother is Danish. His parents are activists and have fled in advance of the approaching Israeli amy. He is able to stay behind because of the protection of his Danish passport. He continues to work with the underground, while volunteering as a translator at the hospital in the Sabra refugee camp.

"Over the years my anxiety had moved through a spectrum of fears. A spate of car bombs meant walking the streets took on a new twist: scanning parked cars for extra aerials and crossing the road to avoid being decapitated by a flying pice of metal. With rockets I had learned (during the Civil War) to recognize the particular pre-impact whine of different caliber shells. It was said that if you could hear it coming then it had passed over and you were ok, as long as you hit the ground (keeping your chest raised). To avoid being buried alive under the rubble was a new worry, thanks to the size of the bombs being dropped during the siege, some big enough to bring down a six-story building. Rumours also circulated of a new vacuum bomb, which made buildings implode, turning them into need piles of debris. Consequently, taking shelter in the basement, the place to be during a raid, became as much of a risk as staying on the top floor; in other words, you chose your own odds. The list of things to be afraid of went on: snipers that made certain crossings more interesting, armed flareups at minor traffic incidents, guns going off by accident, and so on."

When he escapes to Denmark to his grandparents, "...it was like leaving horribly injured people at the scene of an appalling accident in the futile hope that if you couldn't see it then it wouldn't bother you."

Excellent book.
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Assinalado
arubabookwoman | 3 outras críticas | Nov 22, 2015 |
The main character of Mischa Hiller’s novel Shake Off is Michel, a survivor of the Sabra Massacre in Lebanon in 1982. A child at the time, he is taken under the wing of Abu Leila and gradually trained in languages and spy tradecraft with the idea that eventually he would be able to aid a resurgence of Palestinian power. He has a lonely, secret life apart from the intimacy of others.

What I found most interesting about this novel was the Palestinian viewpoint. Until about fifteen years ago when I began investigating the subject in earnest, I was, like many Americans, likely to equate Palestinian with terrorist. My knowledge is refined now, however. I have eyes and judgment enough to see the players, as well as failures of leadership.

Nancy O’s review of The Good Spy: The Life and Death of Robert Ames by Kai Bird shows how even an apolitical observer of Middle East history places the 1982 massacre at Sabra and Shatila as a defining moment for radicalization of Arabs, Muslims, Lebanese, and Palestinians.

The story Hiller tells in this novel captures the confusion and uncertainty and despair of a young orphan in a refugee camp, and later his willingness, indeed his craving, to believe in kindness and love. It is crafted so that we cannot see the outcome, though the seeds are there if one reexamines the start of the novel.

The love interest of the young man, Helen of London, fascinates me. It seems obvious to me that she is an operative of some sort, but for whom and why, we never learn. With the long-legged Helen (Michel is clearly a leg man), Michel loses his learned restraints and becomes an ordinary man, the kind that cannot help but think with his genitals. I can forgive him that, I suppose, though I don’t think his enemies will. It turns out he is altogether too gullible in general, having come from an area of the world where disagreements often end in bloodshed.

This novel is the second of Hiller’s, the first being Sabra Zoo. Another, called Disengaged, is in the works, due out January 2015. The writing is clear, the viewpoint unique, and the subject positively deadly. Watch for it.



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Assinalado
bowedbookshelf | 14 outras críticas | Oct 6, 2014 |

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