Adriano Prosperi

Il rapporto tra delitto, peccato e pena rappresenta il punto di partenza di questo approfondito lavoro di Adriano Prosperi, in un volume imponente per qualità più che per quantità. Con il mestiere, molto mestiere, dello storico, l’autore ripercorre le tappe delle sorti dei condannati alla pena di morte dal quattordicesimo al diciottesimo secolo, concentrando l’attenzione sulla funzione dei confortatori. Il condannato a morte poteva trovare nell’espiazione della pena il conforto della religione che avrebbe alleviato la pena, secondo la, peggiore, cultura della chiesa cattolica. Ed in questa prospettiva delle vere e proprie organizzazioni parareligiose erano delegate ad assicurare ai condannati il percorso di riabilitazione verso una nuova vita che avrebbe dato un senso alla morte. Il lavoro di Prosperi approfondisce in maniera esemplare, attraverso una dettagliatissima ricostruzione dei fatti, il rapporto tra il delitto ed il perdono inflitti contestualmente ai condannati. La logica della stessa pena di morte, le tecniche di tortura, il rapporto tra reato e pena, rimangono, meritevolmente, sullo sfondo; l’obiettivo di questo lavoro non è incuriosire il lettore con macabre descrizioni, ma fornirgli una corretta chiave di lettura su un fenomeno storico che è durato troppi secoli. Splendida la breve postfazione nella quale l’autore evidenzia le analogie tra la condanna dei giorni nostri a morte decretata dal medico e quelle dei secoli passati. Le medesime condizioni psicologiche del condannato e del confortatore, oggi il medico, avvicinano l’uomo che va sul patibolo a quello cui viene prescritta un’inutile chemioterapia. La fine sarà la stessa, il perdono eventuale, anche il dolore di conoscere il momento della morte un’ulteriore pena da pagare.… (mais)