Questo ottimo libretto fa una sintetica rassegna storica dell'uso del principio maggioritario nelle istituzioni dell'occidente, e nel percorso ne evidenzia aspetti e problemi: quali origini e che significato ha, unanimità o maggioranza, come trattare le minoranze, qualità (o mancanza di qualità) delle decisioni della maggioranza, limiti al potere della maggioranza. Alla fine si chiede che cosa lo giustifica, e conclude che non c'è una vera ragione che lo giustifichi (in sostanza, si riduce alla prepotenza del numero, anche se Ruffini non usa queste parole). In definitiva lo si usa per ragioni pratiche, per necessità, per mancanza di alternative migliori. Le società umane, tra le loro necessità elementari hanno quella di "deliberare in comune", e il metodo maggioritario serve a soddisfarla. E come tanti altri problemi della condizione umana, anche questo non ha una soluzione limpida e definitiva, ma bisogna ricorrere di volta in volta a qualche imperfetto aggiustamento più o meno adatto alle circostanze, e accontentarsi.
Un ottimo libretto dietro cui c'è molta dottrina, che qui viene distillata in un testo scritto con stile chiaro e pacato. Molto significativo il fatto che fu pubblicato nel 1927, e studiare un simile argomento in quel momento era certo una sommessa ed estrema protesta contro il nefasto regime politico che allora in Italia si andava consolidando. La pubblicazione, non sorprendentemente, passò inosservata. Qualche anno più tardi l'autore fu uno dei pochissimi docenti universitari a rifiutare il giuramento di fedeltà al fascismo e ad essere privato della cattedra. ( )