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Críticas

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Impiego quasi un paio di anni per riprendere in mano la Storia d’Italia di Indro Montanelli e di Mario Cervi. In realtà mancavano alcuni numeri, quelli pubblicati successivamente all’acquisto di papà della intera collana. In questo volume, al solito molto interessante, Cervi e Montanelli partono dal 1978, l’anno dell’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. E chiudono il racconto nel 1993, il periodo dell’attacco allo Stato da parte della mafia. Probabilmente proprio nel carattere straordinario di quegli anni con uno Stato incapace di rispondere a diversi tipo di terrorismo c’è la matrice della crisi della politica italiana che, infatti, si è evaporata a seguito delle inchieste giudiziarie di tangentopoli. Ma il deterioramento delle istituzioni, della loro autorevolezza, era chiaramente un presagio di quanto stava per accadere. In questo volume Montanelli storico lascia nettamente la scena al cronista, la forma è sempre limpida, ma la narrazione diviene diversa e risaltano con evidenza le posizioni politiche del direttore de Il giornale. Proprio queste caratteristiche, unitamente ad una lettura storica troppo vicina ai fatti, rende il libro meno gradevole di altri proposti in questa bellissima Storia d’Italia.
 
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grandeghi | 1 outra crítica | Oct 24, 2023 |
Historia de los griegos constituye una obra inteligente y rigurosa que devuelve la condición de seres de carne y hueso a los grandes personajes de la cultura griega.
Indro Montanelli, reconocido especialista en el tema, ofrece una visión casi periodística de la vida política y sociocultural del mundo griego, y permite conocer una serie de hechos y circunstancias hasta ahora mantenidas en segundo plano por la Historia tradicional.
Montanelli convierte a Homero, Sócrates, Pitágoras, Pericles y otros muchos personajes históricos helenos en protagonistas de una narración apasionante que lleva al lector de viaje al nacimiento de las grandes disciplinas artísticas y humanísticas de la civilización occidental, así como de los grandes mitos que todavía hoy siguen siendo el referente de nuestra cultura.
 
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MAPombo | 6 outras críticas | Sep 7, 2023 |
Historia de Roma ofrece una serie de retratos apasionantes y veraces que iluminan en sus justos terminos a los protagonistas de aquella epoca irrepetible.
Los próceres y las personalidades de Roma no eran distintos del común de los mortales. Cesar fue un mujeriego toda su vida y se avergonzaba de su calvicie, pero eso no desmerece su grandeza militar y estadista. Augusto no dedicó todo su tiempo a organizar el Imperio, sino que parte del mismo lo ocupó en combatir la colitis y los reumatismos...
Reseña:
"Haciendo un relato del pasado para quienes lo ignoran y para quienes ya lo conocen, Montanelli enseñó los grandes sucesos de la historia a varias generaciones, y lo continúa haciendo hoy."
Luigi Mascheroni, Il Giornale
 
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MAPombo | 7 outras críticas | Sep 7, 2023 |
De la Róvere, De Sica, Kuebler, Kornilov, Ciervo Blanco, Don Calò, La Mariscala
 
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pjacas | 1 outra crítica | Nov 2, 2022 |
Il ventennio è terminato con una sanguinosa guerra civile. L’Europa cerca una nuova pace, mentre nel mondo la contrapposizione tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica diventa sempre più netta. Venivano, infatti, gettate in quegli anni le basi della guerra fredda. Se ad est l’assimilazione dei Paesi invasi dai nazisti al credo comunista avveniva con i carri armati, in Occidente la decisione era rimessa ai cittadini. E in Italia il rischio dell’affermazione del partito comunista più importante dell’Europea occidentale e totalmente asservito alle indicazioni sovietiche era molto alto. Gli Stati Uniti sostenevano la democrazia cristiana, unica vera alternativa ai comunisti, con un programma di finanziamenti importante che, di fatto, fu la premessa del boom economico. Ma il Paese era diviso, le macerie della guerra civile ancora fumavano e le argomentazioni dei comunisti, come i modi, erano dogmatici. Gli italiani poterono scegliere due volte: nel 1946 optando per la Repubblica con un referendum che divise per l’ennesima volta l’Italia tra Nord e Sud. Il meridione si schierò con i Savoia, mentre il centro nord scelse la Repubblica. Le contraddizioni della storia. Ma il vero spartiacque fu rappresentato dalle elezioni del 19 aprile 1948, con due blocchi contrapposti che avrebbero aperto la strada a due Italie diverse. Gli italiani scelsero con ampissima maggioranza la libertà, preferirono le posizioni bigotte della Chiesa, l’affermazione delle tradizioni culturali del Paese alle promesse dei comunisti. La storia dimostra che gli italiani seppero, mai come allora, scegliere. Molto, molto interessante questo libro che aiuta a leggere la storia recente del nostro Paese.
 
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grandeghi | 1 outra crítica | Dec 19, 2021 |
Nel grande caos della mia vita cerco, al solito, nella lettura e nei libri un po' di ordine e allora se si deve andare avanti questa lunga cavalcata lungo la Storia d’Italia deve avere un termine. E siamo sulla strada buona. Il vergognoso armistizio dell’otto settembre è stato firmato, il tradimento del traditore Badoglio si è realizzato e gli italiani, in grandissima parte fino al giorno prima fieri fascisti, si scoprono il giorno dopo antifascisti. Nessuna difesa del regime, per carità, ma anche nella sconfitta e anche in guerra il valore dell’onore ha un senso. E, invece no, l’Italia si trova difesa in due, occupata dalle truppe alleate al Sud, dalle truppe naziste al nord. E due governi fantocci, quello di Badoglio a Roma e quello di Mussolini a Salò si intestano una guerra che non è più la loro. Ma che diventa una sanguinosa e truculenta guerra civile, fatta di dolore, morte, vendette e ladrocini. A Badoglio succede Bonomi, mentre Mussolini finisce la sua corsa su una forca a Piazzale Loreto, mentre dalle macerie di un Paese l’Italia cerca di risorgere, nel contrasto tra comunisti, che pretendevano l’intestazione in esclusiva della caduta del regime, e le altre forze politiche. Emerge, così la figura moderata di Alcide De Gasperi che porta il Paese che ha deciso la Repubblica, verso la Costituzione e il ritorno ad una nuova normalità. Il libro al solito è interessante, lo stile di Montanelli impeccabile, anche se si intravvede una non necessaria giustificazione delle sue note posizioni politiche.½
 
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grandeghi | Sep 8, 2021 |
La riorganizzazione della lettura risente della necessità di riorganizzare la vita, la scomparsa di mamma è un dolore allucinante, non passa e non passerà mai. Troppo forte il rapporto, troppo importante lei come donna, figuriamoci come madre. Ma comunque mi faccio forza e provo ad andare avanti e terminato l’Ulisse di Joyce torno alla storia d’Italia di Montanelli, siamo in dirittura d’arrivo, L’Italia della disfatta è uno dei capitoli più tristi della storia del nostro Paese. E letto ai tempi dell’istituzione del governo Draghi, il primo riscontro è nell’incredibile capacità di voltare la faccia, Badoglio come Di Maio, fatto un re se ne fa un altro, ma i cortigiani rimangono al loro posto. L’atto di accusa di Indro Montanelli e Mario Cervi non ammette repliche, l’epilogo del fascismo, la fine del regime, il tramonto del sogno dell’impero vengono caratterizzati da una sola parola: tradimento. Tradito Mussolini, traditi i tedeschi, traditi gli alleati, finché possibile. I gravi errori del duce dall’entrata in guerra vengono ben posti in evidenza nel testo, il tentativo fallito di annettere la Grecia, la tragedia della spedizione in Russia, un esercito non attrezzato abbandonato puntualmente a sé stesso. Ma la pagina incredibile è quella scritta da Badoglio e da Vittorio Emanuele, un valzer di meschinità e pusillanimità che ancora oggi ci portiamo addosso come marchio di vergogna.
 
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grandeghi | Feb 17, 2021 |
Il virus e l’ennesimo ricovero mi costringono ad Ascea qualche giorno in più. Il verbo costringere, in realtà, non è adatto per descrivere la situazione in quanto apprezzo sempre di più la scelta di papà di oltre trenta anni fa. Ma mi ero portato pochi libri, quindi, accelero la lettura di questa lunga Storia d’Italia. Mussolini ha dichiarato l’impero, le ali dell’aquila romana sembrano tornate ad aprirsi, ma il contesto internazionale desta più di qualche preoccupazione. In Spagna scoppia una sanguinosa guerra civile che vedrà contrapposti l’esercito repubblicano e quello franchista. L’Italia si allea con il caudillo che vincerà la guerra non per meriti suoi per le divisioni all’interno dell’esercito avversario. Mussolini vuole un’Italia bellicosa, ma non vuole la guerra; è diviso tra il timore di un’alleanza con Hitler e i rischi di un mancato intervento. Il dittatore nazista si prende l’Austria, occupa la Cecoslovacchia con sistemi estorsivi, ma senza il ricorso alle armi. Ma l’attacco alla Polonia e l’alleanza con Stalin destabilizzano il duce. Da un lato la percezione che l’Italia può rivendicare, intervenendo, il ruolo di alleato storico del vincitore di un’imminente guerra. Dall’altro lato i dubbi sugli effettivi obiettivi di Hitler. E così Mussolini dà un calcio al cerchio ed uno alla botte, adotta le leggi razziali, contraddicendo i valori fondanti del fascismo, ma dialoga con Chamberlain. Ciano, il cognato, ministro degli esteri adegua la politica internazionale ad una strategia fatta di piccole furbizie. Il duce, comunque, ha perso la forza trainante del Paese che ha avuto fino a questo momento. Il racconto di Montanelli probabilmente è condizionato dalla sua adesione al fascismo, da giovane balilla a soldato in Etiopia. Ma racconta bene le titubanze di un popolo da sempre abituato ad osannare il vincitore e a massacrare lo sconfitto. Le basi di Piazzale Loreto erano state gettate.
 
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grandeghi | Oct 26, 2020 |
 
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David.llib.cat | 7 outras críticas | Oct 22, 2020 |
I dieci anni di regime fascista dal 3 gennaio 1925, giorno della dichiarazione alla Camera dell’avvento della dittatura, al 9 maggio 1936, giorno della dichiarazione dell’Impero d’Italia, rappresentano la parte più interessante del ventennio. Dall’impero in poi Mussolini fu limitato dall’ingombrante presenza di Hitler e dalla decadenza di un progetto politico che lo costrinse a diventare il brutto monumento di sé stesso. Nei primi anni Mussolini limitò le libertà personali e sospese la democrazia, ma riuscì a contenere le violenze delle squadre fasciste con un regime che era, per essere un regime, tollerante. La sua cifra non fu la violenza, ma una politica pubblica che alla fine entusiasmò gli italiani che per la prima volta tornarono a sentirsi protagonisti nella scena mondiale. La conquista di Addis Abeba fu il culmine di un percorso intrapreso con forza dal duce. Anche sul fronte interno Mussolini riuscì a costruire strade, a bonificare paludi, introdusse sistemi di solidarietà sociale, anche se non fece uscire l’Italia dalla povertà. I suoi errori di politica economica, l’autarchia, vanno visti alla luce del periodo storico di riferimento. E dell’assoluta mancanza di collaboratori che non rispondessero all’unico requisito della fedeltà al duce. Molto interessante il breve prologo in cui Montanelli assume una posizione precisa circa la sua adesione al fascismo, distinguendo il ventennio sulla base dei momenti storici, assolvendolo e condannandolo.½
 
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grandeghi | Sep 30, 2020 |
llegit dos vegades: al 85 i al 2009
 
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josepbertran | 7 outras críticas | Jun 23, 2020 |
Dopo l’Italia di Giolitti, del dibattito tra interventisti e neutralisti, le vanità di D’Annunzio, si affaccia sul palcoscenico della politica italiana un uomo che scriverà, nel bene e nel male, la storia d’Italia: Benito Mussolini. Montanelli fa il cronista, più che lo storico e racconta l’ascesa del duce partendo dalle sue vicende personali, gli umili natali, la vita di un maestro di scuola che diventerà uno degli uomini più potenti del mondo. L’Italia è al solito in crisi, da un lato le sirene degli Stati Uniti, dall’altro quelle dell’Unione Sovietica. Due paradisi, o due inferni, dipende solo dalla prospettiva dalla quale si inquadrano le due realtà. La grande guerra ha lasciato il suo drammatico strascico di miseria e polemiche, l’Europa è un labirinto di Paesi che diffidano l’uno dall’altro e l’Italia è in preda a bande che si combattono. Mussolini, il socialista, cerca sponde a destra, per poi diventare un uomo di destra che cerca sponde a sinistra. La marcia su Roma è quasi un incidente della storia; ma al termine di quella marcia si trova un uomo solo. Mussolini non è ancora al comando, il delitto Matteotti rischia di estromettere il futuro duce definitivamente dalla scena politica, ma poi una serie di circostanze trasformeranno il maestro di Predappio nel duce. Ma per questa storia devo aspettare il volume successivo.
 
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grandeghi | Jun 11, 2020 |
Il precedente capitolo di questa bellissima storia d’Italia era dedicato all’Italia unita di Depretis e Crispi. Nel 1900 l’anarchico Bresci assassina Umberto I e re d’Italia diventa Vittorio Emanuele III. L’Italia inizia la sua lenta trasformazione da Paese arretrato a potenza moderna. La struttura dell’economia si trasforma per l’ingresso del capitale nelle industrie e per la modernizzazione del sistema bancario. L’avvento dell’industria siderurgica, l’acciaio diventano le leve per l’avvento di una serie di piccole e medie aziende che trasformeranno l’economia nazionale. Al contempo, però, le differenze tra il settentrione e il meridione vengono amplificate da differenze che diventano centrali nella centenaria questione meridionale. Giolitti governa con equilibrio e buon senso, siamo alleati della Germania e dell’Austria, abbiamo mire colonialiste e conquistiamo la Libia e la Tripolitania. Ma sullo sfondo ci sono le tensioni tra i nostri alleati e la triplice intesa, Francia, Gran Bretagna e Russia. Scoppia la grande guerra e si accende un violento scontro tra interventisti e neutralisti. Vincono i primi, capitanati dalle intemperanze di D’Annunzio; il problema sono Trento e Trieste e con un’incredibile giravolta ci troviamo alleati dei nostri nemici, dichiariamo guerra all’Austria e alla Germania. Montanelli è bravissimo a raccontare la grande guerra, la sciagurata gestione di Cadorna, il disastro di Caporetto, e poi il Piave, Vittorio Emanuele, una guerra che vinciamo contro ogni previsione, acquisendo il diritto di reclamare l’Istria e la Dalmazia. D’Annunzio occupa Trieste, ma la sua assoluta inconsistenza, politica, etica e militare è palese. Nitti, intanto, lascia il testimone a Giolitti, ma si affaccia sullo scenario un ex socialista: Benito Mussolini. In attesa di passare al capitolo successivo.
 
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grandeghi | 1 outra crítica | Mar 7, 2020 |
Fatta l’Italia si dovevano fare gli italiani: la frase di Massimo d’Azeglio non è passata alla storia per caso. E il nono volume di questa bella storia d’Italia è dedicato al periodo che va dal 1861 al 1900, gli anni in cui l’Italia inizia a vivere per la prima volta la sua storia di Nazione. Vittorio Emanuele, Cavour, Mazzini e Garibaldi hanno scritto, ognuno per la propria parte, un fondamentale capitolo della storia della nostra nazione. In realtà l’Italia non è ancora una nazione, mancano gli italiani e la città che per storia e per posizione è la capitale naturale: Roma. Il papa gode di importanti protezioni che rendono l’annessione di Roma un problema internazionale. Ed è solo la guerra franco prussiana che concede l’occasione all’esercito italiano di occupare Roma. La breccia di Porta Pia entra così nella storia d’Italia. Dopo Cavour manca un leader nazionale in grado di muovere la politica del Paese in un’ottica nazionale ed internazionale. E’ solo dal 1876 che con Depretis si assiste alla nascita di Governi caratterizzati da una visione complessiva, anche in senso deteriore, della politica. Al trasformista Depretis succede il decisionista Crispi e, infine, l’istituzionale Giolitti. In mezzo lo scandalo della Banca romana e le disfatte in Eritrea. L’Italia inizia la sua via crucis.
 
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grandeghi | Feb 2, 2020 |
Il subbuglio in cui versa l’Europa dopo il 1831 è il concime per quel lungo processo che, progettato a lungo da Cavour e realizzato poi da Garibaldi, ha portato all’Unità d’Italia. Questo volume si ferma al 1861, l’Italia non è completa, manca Roma, il plebiscito consegna a Vittorio Emanuele il regno d’Italia, ma manca Roma; e, soprattutto, mancano gli italiani. E’ un volume davvero corposo, lungo, gli anni raccontati non sono molti, ma sono densi di accadimenti; e non solo a livello italiano. Le rivolte del 1848 inducono molti Paesi ad approvare la Costituzione; la reazione è, al solito, dura, durissima, in Francia Napoleone III diventa imperatore. Ma ci sono i germi di un mondo nuovo, in Piemonte viene approvato lo statuto albertino, la posizione dell’Austria in Lombardia e nel Veneto è sempre più fragile e viene garantita solo dalle titubanze dei generali di Vittorio Emanuele e dalle capacità tattiche di Radetzsky. Ma, come detto, è un pentolone che bolle; Mazzini, Cattaneo, D’Azeglio, Gioberti e Cavour, uomini che contribuiranno, a vario titolo, ad avviare un percorso che si definirà con la spedizione di Garibaldi. A Francesco II di Borbone manca la sensibilità per comprendere le ambizioni dei Savoia, le trame ordite, errore clamoroso licenziare l’esercito mercenario della guardia svizzera. Garibaldi arriva in Sicilia e senza opposizione, con poco più di 1.000 uomini; di lì il percorso trionfale fino a Napoli. La Sicilia non è il Cilento, non è la Calabria. In chiusura un delizioso paragrafo su Giuseppe Verdi. Volume di non semplicissima lettura, ma molto appassionante.½
 
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grandeghi | Dec 20, 2019 |
Il precedente volume si era concluso con l’assalto alla Bastiglia; ora i volumi iniziano a concentrare i periodi, questo va dal 1789 al 1831, anno della seconda rivolta dopo la restaurazione. E’ storia d’Italia ed allora alla rivoluzione per eccellenza vengono dedicate poche pagine; chi cambiò la storia del nostro Paese fu Napoleone, l‘uomo che trasformò una rivoluzione di popolo in impero personale; a dimostrazione della complessità della storia e della politica. I piccoli Stati italiani, Savoia compresi, nulla possono contro l’imperatore che proprio in Italia miete i primi grandi successi militari; e l’occupazione dell’Italia è cosa semplice, il “rex totius Italiae” ebbe gioco semplice a sottomettere un Paese diviso che intravvedeva nel generale corso un salvatore; senza sapere da cosa. Nel regno delle due Sicilie l’occupazione francese fu vista come il modo più semplice per affrancarsi dal dominio borbonico; le sorti dei rivoluzionari del 99 sono note. Montanelli si scatena per caratterizzare Murat, un dittatore sempre incline al tradimento, furbo, ma assolutamente privo di spina dorsale e di visione politica. Il declino di Napoleone è veloce come la sua ascesa e nel 1814 a Vienna con un congresso si decise che tutto doveva essere come era sempre stato. Il grande regista fu il Metternich, l’Austria riprese il bandolo della matassa. I 100 giorni si chiusero a Waterloo; ma la rivoluzione francese aveva gettato i suoi germi e prima nel 1820, in Spagna con forti ripercussioni in Italia, e poi nel 1831 in Francia si riaccesero le fiaccole della protesta. In Europa veniva messo in discussione il diritto assoluto dei re, con forti richieste di adozione di carte costituzionali; ma in Italia iniziava a nascere una sensibilità politica su un concetto nuovo: l’Italia. E Foscolo, Leopardi e Manzoni, nelle lettere, e Rossini nella musica, posero le basi per quanto accadrà negli anni successivi. La storia va avanti.
 
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grandeghi | Sep 19, 2019 |
Tra il quinto volume della storia d’Italia di Montanelli e il sesto faccio passare quasi un anno e mezzo; la decisione di alternare libri diversi presi da Ascea e la morte di papà credo che siano le cause principali; ma il dato di fatto è che devo aumentare la ricorrenza, altrimenti rischio di non finire la rilettura di questa bellissima storia. Il testo inizia con la guerra di successione che ridisegna l’equilibrio Europeo, con l’Inghilterra sempre più regina del nuovo continente e le diverse paci che succedono le numerose guerre del seicento. Ma il settecento è il secolo dei lumi, dell’enciclopedia di Diderot, il secolo di Voltaire e di Rousseau, il secolo della ragione. E nelle corti europee alcuni sovrani iniziano a comprendere la portata del pensiero nuovo e l’esigenza di adeguare le strutture sociali alla nuova realtà: Turgot in Francia cercò di modificare la struttura economica del Paese, di modernizzarla; e così Giuseppe, l’imperatore di Austria figlio di Maria Teresa, provò ad entrare nel cuore del sistema sociale dell’impero asburgico, ispirandosi alla Città del sole di Campanella. In Italia i tanti Stati vivevano la propria decadenza, vasi di coccio nella grande Europa. L’unica eccezione i Savoia in Piemonte che con una politica di continui tradimenti nelle alleanze sono riusciti a mantenere una effettiva autonomia e i Borbone nel Regno delle sue Sicilie, ai margini dell’Europa, ma al centro della cultura. Da segnalare poi, a fianco della decadenza di Genova e di Venezia, la reggenza illuminata del granduca Leopoldo in Toscana. E poi gli arbori del giornalismo italiano con Gaspare Gozzi, Giuseppe Baretti e Pietro Verri; e ancora Cesare Beccaria, Giuseppe Parini, Vittorio Alfieri, le commedie di Goldoni, la storia fatta di corsi e ricorsi di Vico, il rigore di Muratori e l’impostazione giuridica di Giannone; e i primi economisti, Genovesi e Galiani. Il libro si chiude con l’assalto alla Bastiglia, ma non prima di avere sempre con la sintesi che richiede un volume del genere raccontato le incredibili storie di Cagliostro e di Casanova.
 
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grandeghi | Jun 5, 2019 |
Attribuire come genere la storia a questo libro già significa scriverne la recensione. Il prossimo 7 novembre ho il convegno piccole voci, grande democrazia. Che lezione che mi hai dato, vecchio Indro. E che lezione che ti ha dato il mercato! Da vecchio liberale lo hai difeso. Ma le sue logiche non hanno avuto rispetto della tua grande passione e della voglia di fare qualcosa di nuovo: ad 85 anni. Perché da liberale a liberale, il mercato va bene per i dentifrici. Ma non per l’industria culturale. E più sconcertante quanto la seconda Repubblica, ad oltre dieci anni di distanza, sia uguale a sé stessa. La stessa piccola storia, gli stessi mediocri inciuci, le stesse bassezze. Sono ottimista sul futuro, molto; Ma sconvolto dal presente, uguale al 1994. Ed ancora di più sconvolto dal fatto che abbiamo perso 13 anni. E qualche altro ne perderemo ancora. Non si va, chiusi tra Prodi e Berlusconi. E se il nuovo che avanza sono Grillo e la Brambilla c’è da essere veramente tristi. Ma l’Italia è un grande Paese, caro direttore e vedrai che qualcosa cambierà. Ma dimmi, direttore, come faccio per vederti ed imparare a scrivere come te? Come si fa? Dove ci si iscrive? Perché tu avevi un dono, come Maradona. E fino alla morte continuerò a palleggiare ed a scrivere, per sentirmi, anche un solo secondo come te, illuminato da un dono che, purtroppo, non ho.
 
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grandeghi | Mar 4, 2019 |
DANTE Y SU SIGLO

PRÓLOGO

INTRODUCCION A LA OBRA

Indro Montanelli es conocido por los lectores de habla española
a través de sus dos célebres y admirables Historia de los
griegos e Historia de Roma, traidas a España por los Editores
Plaza y Janés. Ahora vuelve a nosotros con Dante y su siglo, uno
de los más merecidos éxitos de las Letras italianas en este año,
séptimo Centenario del nacimiento del autor de la Divina Comedia
Y, ante todo, cabe preguntar: ¿qué es este Dante y su siglo?
¿Una biografía del Poeta? En parte, sí. Pero, ante todo, es un vivo
retablo de una época, de un pueblo en ebullición. Y no es el menor
mérito de Montanelli el que a retazos, aquí y allá, de ese complejo
retablo que es la historia del siglo de Dante surja también la
biografia, la figura del Dante-hombre.

Digo esto porque algún lector puede llamarse a engaño; Dante
está todo él-al menos, lo que de él sabemos-, en el libro. Está
el Dante político y el poeta, el pensador y el visionario, el inquieto
Dante de los años de Arezzo y de Arrigo VII y el Dante tranquilo
de los últimos años en Ravena, el apasionado juez de su propio
pueblo y el feroz enemigo de sus enemigos. Es un Dante patético,
que unas veces nos inspira odio y otras lástima: y siempre,
admiración, ternura profunda por esa vida amarga en medio de los
avatares de un tiempo que él supo sintetizar mejor que nadie en
su propia obra.

Y este Dante-hombre -no la estatua de Dante que se nos ha
metido de rondón en la escuela también a nosotros, los
españoles- emerge del caos de ese mundo singular,
apasionante...
 
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FundacionRosacruz | 1 outra crítica | Aug 13, 2018 |
Mentre è in corso la lettura della storia d’Italia ho trovato il libro dell’origine della cultura occidentale, la storia dei greci di Montanelli. Storia dei greci, e non della Grecia, già nel titolo il concetto che Montanelli ripete quasi ossessivamente; le città greche non hanno mai dato vita ad una nazione, ma sono sempre state degli Stati autonomi, in competizione, e spesso in guerra, tra di loro. Il fascino e l’influenza della cultura greca sull’intero mondo occidentale sono stati impressionanti; e tutto questo è avvenuto a seguito di due opere, l’Iliade e l’Odiessea e in poco più di un solo secolo che ha impresso per sempre la storia di Atene e delle colonie greche nella storia mondiale. Da Solone alla morte di Alessandro passano circa 300 anni; ma la storia non sarebbe stata la stessa se non ci fosse stata l’Atene di Pericle, con tre filosofi, Socrate, Platone ed Aristotole, e tre drammaturghi, Eschilo, Sofocle ed Euripide; certo ad Elea e già prima Parmenide e Zenone modificano l’approccio alla filosofia; il primo analizzando il concetto di essenza ed il secondo di limite; ma il centro del mondo fu l’agorà ateniese, cuore pulsante della nuova cultura occidentale. La capacità divulgativa di Montanelli aiuta la lettura, anche se al solito, la storia raccontata un po' a storiella rischia di rendere difficile la memoria.½
 
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grandeghi | 6 outras críticas | Jul 5, 2018 |
HISTORIA DE LOS GRIEGOS, HISTORIA DE ROMA

Primera parte: entre historia y leyenda

Capitulo primero

MINOS

Hace unos sesenta años que un arqueólogo inglés,llamado Evans, hurgando en ciertas tiendecitas de anticuarios, en Atenas, halló algunos amuletos femeninos provistos de jeroglíficos que nadie logró descifrar.

A fuerza de conjeturas, estableció que debían proceder de Creta, se fue allí, compró una parcela de terreno en el lugar donde se creía que estaba sepultada la ciudad de Cnosos, contrató a una cuadrilla
de excavadores, y después de dos meses de labor topó con el resto del palacio de Minos, el famoso Laberinto.

Poetas e historiadores de la Antigüedad, desde Homero hasta nuestros días, habían dicho que la primera civilización griega había nacido, no en Micenas, o sea en el continente, sino en la isla de Creta, y que había tenido la máxima floración en tiempos del rey Minos, doce o trece siglos antes de Jesucristo. Minos contaban, había tenido varias mujeres que habían intentado en vano darle un heredero: de sus entrañas no nacían más que serpientes y alacranes. Tan sólo ...
 
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FundacionRosacruz | 6 outras críticas | May 13, 2018 |
Il quinto volume della storia d’Italia è dedicata al seicento. La scoperta dell’America e lo spostamento dell’asse dell’economia mondiale verso le colonie priva il mediterraneo e, conseguentemente, l’Italia della funzione centrale nello scambio di merci. La Francia e l’Inghilterra si preparano a diventare protagonisti della storia dei successivi secoli, come l’Austria. L’impero spagnolo inizia, invece, a pagare il prezzo di un’amministrazione basata sui privilegi e sulla corruzione; l’espulsione dei moriscos, che fa seguito al bando degli ebrei del 1492, priva definitivamente il Paese di manodopera. Intanto il secolo inizia con la guerra dei trent’anni che inizia in Germania dove i vari principi dinastici non riescono a trovare un accordo e che vede contrapposti praticamente tutti gli eserciti europei. Una guerra religiosa che termina nel 1648 con la pace di Westfalia e getta il continente nella disperazione. L’Italia è un paese di statarelli, l’unica realtà che inizia a emergere è il Piemonte dove i Savoia gettano le basi di uno Stato, anche se piccolo e pressoché insignificante in una prospettiva europea. Milano è governata, male, dagli spagnoli, come il Regno, il meridione inizia ad accumulare quelle disfunzioni e inefficienze che lo caratterizzeranno anche nei secoli successivi. Il Papa ha perso potere, la riforma luterana e calvinista ne ha minato alla base l’autorevolezza, la controriforma ha trasformato la chiesa cattolica in un centro di potere e dolore; la decadenza di Roma ne è l’immediata conseguenza. Solo il granducato di Toscana e, soprattutto, Venezia provano a conservare quel carattere di unicità che ha caratterizzato il rinascimento italiano. La cultura e il gusto sono barocchi, molta, tanta forma e poca sostanza; anche se è il secolo di Bernini e di Borromini, di Paolo Sarpi e di Galileo, di Monteverdi e di Marino; l’Italia decade ma non la sua cultura.
 
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grandeghi | Mar 5, 2018 |